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Dante. Opere

Dante. Opere - Marco Santagata

Questa edizione commentata delle Operedantesche viene alla luce quasi un quarto di secolo dopo che, con la pubblicazione dell’ultimo di tre volumi (1988), Riccardo Ricciardi Editore completava le sue Opere minori cominciate un decennio prima (1979). I libri ricciardiani hanno rappresentato e rappresentano tuttora un punto fermo negli studi danteschi. Ma negli studi su un autore come Dante, letto e tradotto ovunque, e studiato da schiere di critici e ricercatori in molti Paesi del mondo, venti o trent’anni sono un lasso di tempo lunghissimo. In questo periodo i filologi hanno apprestato nuove edizioni critiche di testi fondamentali, dalle Rime (Domenico De Robertis) alla Vita Nova (Guglielmo Gorni), dal Convivio (Franca Brambilla Ageno) alla Monarchia (Prue Shaw); la bibliografia critica ha portato sostanziose acquisizioni alla conoscenza della vita e del pensiero di Dante e all’interpretazione delle sue opere; gli studi sulla loro tradizione e ricezione hanno aperto nuovi scenari, e così pure hanno fatto gli studi storici. Questa nuova edizione completa (con l’eccezione dellaCommedia, già presente nei Meridiani con il commento di Anna Maria Chiavacci Leonardi [1991-1997]) ambisce ad arricchire di novità fattuali e interpretative questo panorama in continua evoluzione e, nello stesso tempo, a fornire anche ai non specialisti un’immagine aggiornata di Dante.

Le Opere sono suddivise in tre volumi: il primo contiene le Rime (a cura di Claudio Giunta), la Vita Nova (a cura di Guglielmo Gorni) e il De vulgari eloquentia (a cura di Mirko Tavoni); il secondo, il Convivio (a cura di Gianfranco Fioravanti e, limitatamente alle canzoni, di Claudio Giunta); il terzo, le Epistole (a cura di Claudia Villa), la Monarchia (a cura di Diego Quaglioni), le Egloge (a cura di Gabriella Albanese), la Questio de aqua et terra (a cura di Stefano Caroti). L’ultimo volume si chiude con Il fiore e il Detto d’Amore(curati da Natascia Tonelli), opere delle quali la paternità dantesca è in discussione. La decisione di includerle in forma di appendice segnala anche materialmente il nostro scetticismo sulla loro attribuibilità a Dante e nello stesso tempo rispetta la prassi ormai consolidata di collocarle nel corpus di testi al quale i dantisti fanno riferimento.

La successione RimeVita NovaDe vulgari eloquentiaConvivioEpistoleMonarchiaEgloge,Questio de aqua et terra si discosta da quella generalmente adottata dalle edizioni complessive dei testi danteschi. Mentre in queste quasi sempre prevale il criterio di separare le opere in volgare da quelle in latino, cosicché il trattato sulla lingua viene a trovarsi a fianco di quello politico, e testi del tutto difformi come le Epistole e le Egloge finiscono per fare coppia fissa, la nostra disposizione cerca di conservare, nei limiti del possibile e con le inevitabili approssimazioni, l’ordine cronologico. A questa scelta ci hanno indotto la convinzione che un ordinamento più aderente alla dinamica reale della produzione dantesca consenta di cogliere meglio l’evoluzione artistica e intellettuale di Dante e la speranza che la rottura di accoppiamenti che rischiano di trasformarsi in automatismi percettivi renda un’immagine di Dante più mossa e problematica.

Le opere dantesche appartengono a modalità di scrittura e di genere molto diverse tra loro: dalla lirica in volgare alla poesia in latino, dalla narrativa alla trattatistica – linguistica, filosofica, giuridico-politica, scientifica – fino all’epistolografia pubblica. Ecco perché a curarle per questa edizione sono stati invitati studiosi di riconosciuto valore nel proprio specifico ambito disciplinare: filologi e storici della letteratura, storici della lingua italiana, della filosofia medievale, del diritto medievale e della scienza, studiosi della letteratura latina del Medioevo. Se di alcuni è universalmente nota la dedizione pressoché esclusiva agli studi danteschi, tutti si sono comunque segnalati nell’ambito di tali ricerche. Nell’introduzione e nel commento all’opera affidatagli, ciascuno di loro ha travasato le peculiari conoscenze della propria specializzazione disciplinare: ne è scaturito un approccio polifonico che, nel coniugare la padronanza dell’universo dantesco con quella degli orizzonti storico-culturali nei quali le singole opere si iscrivono, delinea un ritratto di Dante più nuovo o, comunque, meno chiuso nella sua specifica tradizione di studi.

I testi delle opere dantesche sono quelli fissati dalle edizioni critiche più recenti o ritenute più autorevoli. Di queste edizioni è sostanzialmente conservata anche la veste grafica, con la conseguente rinuncia alla sua uniformazione. Tutti i casi nei quali il nostro testo, per decisione del curatore, si discosta da quello critico di riferimento (il più delle volte per una diversa rappresentazione grafica di fenomeni fonetici, per interventi sull’interpunzione, le maiuscole e i segni diacritici, ma altre volte per interventi che toccano la sostanza, come la separazione delle parole o l’adozione di una lezione diversa) sono segnalati nella Nota al testo che, insieme all’Introduzione, precede ogni singola opera e, quando opportuno, giustificati nelle note di commento. I testi latini sono corredati di una nuova traduzione eseguita dai curatori: ovviamente, la traduzione è parte integrante dell’operazione esegetica. Ogni volume, infine, è provvisto di indici che registrano tutti i passi, danteschi e di altri autori, citati negli apparati.

 

Questo primo volume presenta nell’ordine: Rime (cioè tutte le poesie che Dante non ha raccolto nella Vita Nova e nel Convivio), Vita Nova De vulgari eloquentia. Sia la disposizione, che fa precedere le Rime alla Vita Nova, sia l’accorpamento, che assembla testi in volgare e in latino, sono inusuali. Essi rispondono a un duplice obiettivo: a) anticipando le Rime, tra le quali figurano testi risalenti ai secondi anni Novanta del Duecento e perfino a quelli dell’esilio, ma che nella loro maggioranza sono ascrivibili a un periodo anteriore o contemporaneo alla Vita Nova, mostrare in apertura il retroterra sperimentale sul quale Dante ha costruito la sua nuova selettiva immagine di lirico nel romanzo giovanile; b) fornire al lettore un quadro pressoché completo dell’esperienza lirica dantesca, dei suoi primi tentativi di storicizzazione della propria e della altrui poesia e, infine, delle posizioni di poetica elaborate prima della svolta della Commedia. In sostanza, potremmo intitolare questo volume “Poesie e riflessioni sulla poesia in volgare”.

Il testo delle Rime è quello dell’edizione critica di De Robertis (2002), integrato con le rettifiche introdotte nel 2005 dalla sua successiva edizione commentata; tutte le modifiche apportate da Claudio Giunta sono da lui elencate e discusse nella Nota al testo. L’ordinamento dei singoli componimenti, invece, non segue quello proposto da De Robertis, ma riproduce nella sostanza la sequenza ormai canonica fissata da Michele Barbi (1921) e accolta da Contini nella sua edizione commentata. Per quanto riguarda la Vita Nova, Guglielmo Gorni ha riproposto qui, con lievi rettifiche, ma con una nuova veste grafica modificata in senso più moderno, il testo della sua edizione einaudiana del 1996, nonché il commento, che ha appositamente rivisto e aggiornato. Il testo del De vulgari eloquentia, infine, è quello apprestato da Pier Vincenzo Mengaldo (1968), mentre la traduzione si deve al curatore, Mirko Tavoni, il quale elenca nella Nota e argomenta nel commento le variazioni da lui introdotte al testo mengaldiano.

Gli indici che completano il volume sono a cura di Gabriele Baldassari.